Fireflies in the Garden NEWS

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†Ferey†
CAT_IMG Posted on 8/2/2008, 11:32




Notizie sul nuovo progetto di Ryan.

LOS ANGELES (Hollywood Reporter) - Willem Dafoe and Hayden Panettiere are joining the ensemble cast of "Fireflies in the Garden," a project already boarded by Carrie Anne Moss, Ryan Reynolds, Julia Roberts and Emily Watson.

Dennis Lee will make his directorial debut from a screenplay he penned. The story is loosely based on Lee's life and explores the complexities of love and commitment in a family torn apart when faced with an unexpected tragedy.

The independently financed project is scheduled to begin Tuesday in Austin.


fonte: Reuters.com
 
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†Ferey†
CAT_IMG Posted on 14/2/2008, 11:05




Fireflies in the Garden il 9 Maggio uscirà in Italia...notizia da sogno...fantastica....*_*
 
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†Ferey†
CAT_IMG Posted on 17/2/2008, 23:39




Fireflies in the Garden debutta a Berlino 2008

Non c'è Julia Roberts, ma partecipano alla conferenza di presentazione del film di Dennis Lee Willem Dafoe, Ryan Reynolds e Hayden Panettiere.



Presentata a Berlino in anteprima mondiale l'opera prima del regista Dennis Lee Fireflies in the garden, attesissima soprattutto perché il cast vede la presenza simultanea di Julia Roberts e del marito Danny Moder nella doppia veste di operatore e direttore della fotografia. Ad accompagnare la pellicola oltre al regista Dennis Lee, sono intervenuti tre dei membri del nutrito cast: Willem Dafoe, Ryan Reynolds e la giovane stella di Heroes Hayden Panettiere. Assente giustificata Julia Roberts attesa invano dai numerosi fans assiepati, come sempre, fuori dal Berlinale Palast. Dennis Lee spiega come la genesi di Fireflies in the Garden sia strettamente legata a un lutto che lo ha colpito nel 1999, la morte improvvisa della madre in un incidente stradale. "Scrivere il testo teatrale dopo ciò che mi era capitato è stata un'esperienza catartica che mi ha insegnato a elaborare il lutto e accettare ciò che era accaduto. L'esperienza teatrale mi aiutato moltissimo e mi ha portato a realizzare un film fatto per delle ragioni precise, con uno scopo chiaro e con le giuste motivazioni".

Al centro della vivcenda il dramma familiare vissuto dalla famiglia Taylor, dramma che culmina in tragedia ma che, per anni, fa capolino tra rancori mai sopiti e relazioni parentali dominate da sentimenti contrastanti. "Fireflies in the garden si concentra essenzialmente su una serie di dinamiche familiari e, in particolare, sul rapporto di amore/odio tra un padre e un figlio. E' un film sulla separazione, sulle incomprensioni, è fatto di relazioni autentiche e prova a gettare un ponte per ricomporre l'unità familiare distrutta. La pellicola vuole suggerire le relazioni che intercorrono tra i personaggi senza svelare troppo e soprattutto, senza farlo subito. Tutte le famiglie nascondono segreti, ma ai fini della narrazione lo svelamento deve essere graduale e mai completo, in modo da stimolare lo spettatore a colmare le lacune".

Willem Dafoe interpreta il capofamiglia Charles Taylor, personaggio complesso e tormentato che instaura col figlio una relazione fatta di violenza e incomprensioni. "Nel corso della pellicola io interpreto un personaggio che contiene due anime diverse in continua evoluzione. In tutta la prima parte, ambientata nel passato, Charles Taylor è un padre di famiglia apparentemente amorevole e devoto che, in realtà, instaura col figlio un rapporto di sopraffazione e violenza brutale. Dopo l'incidente d'auto in cui la moglie perde la vita, tutto cambia. Le certezze di Charles si sgretolando definitivamente, tutto ciò che l'uomo ha costruito nella vita scompare all'improvviso. Cambiano le prospettive e le sicurezze del passato vacillano. Anche nel mio lavoro di attore è difficile avere delle certezze, soprattutto quando ci si avvicina a un nuovo personaggio senza saperne molto. A volte ignoro totalmente il background del carattere che devo interpretare, ma scelgo instintivamente il modo col quale identificarmi con lui. Nel caso di Charles, si tratta di un uomo che per amore è capace di perdere ogni controllo diventando terribilmente crudele. Ovviamente io non sono così, ma una piccolissima parte di lui è contenuta in me. In generale trovo sempre molto più interessante avvicinarmi a personaggi disconnessi o problematici che mi attraggono perché rappresentano una notevole sfida sul piano recitativo."

Il giovane Ryan Reynolds interviene per sottolineare come l'immagine della famiglia perfetta, spesso, nasconda al suo interno realtà terribili. "Il mio personaggio, il figlio di Charles, scopre la facciata e denuncia l'ipocrisia della situazione familiare fintamente serena dimostrando profonda umanità e coraggio. Il fatto che il nostro cast si sia rivelato particolarmente affiatato e abbia funzionato a meraviglia è merito di Dennis Lee che, con il suo testo teatrale, è stato capace di intuire la nostra capacità interpretativa ai provini in relazione al personaggio che dovevamo interpretare. Gli attori che hanno letto il copione si sono immedesimati fin da subito nei ruoli da intepretare e il regista, pur essendo alla prima regia, è stato capace di intuire immediatamente l'interprete giusto per ogni ruolo".
Plauso anche alle musiche, semplici, ma efficaci, che fungono da sostegno alla vicenda e alla fotografia. "Per evidenziare il continuo passaggio dal presente al passato e differenziare i flashback che si innestano nella narrazione principale, vi sono degli stacchi di colore. Il lavoro di Danny Moder sulla luce, sul colore e sulla texture dell'immagine è accuratissimo e ha permesso di dare vita a una narrazione caratterizzata da una continua alternanza di piani temporali che movimenta la trama e arricchisce il film di un surplus di senso valorizzandone le valenze simboliche".



Fonte: Castlerock

"Fireflies in the Garden" di Dennis Lee
Lucciole in giardino e mosche nello stomaco
Articolo di Massimo Tria
Pubblicato lunedì 11 febbraio 2008 - NSC anno IV n. 10


Una famiglia del Midwest sembrerebbe costituire il modello perfetto del nucleo casalingo americano, ma in realtà nasconde ruggini e rancori mal sopiti che vanno accumulandosi fin dall’infanzia. Un incidente fatale e paradossale scoperchia un pozzo di emozioni soppresse e per lunghi anni trattenute, portando i componenti del nucleo ad una sorta di resa dei conti con il non detto e con gli odi a lungo celati.
Con questo dramma intimista esordisce l’asiatico-americano Dennis Lee, che per la sceneggiatura si basa parzialmente sulla propria vicenda familiare autobiografica. Il giovane regista, alla sua prima prova sul lungometraggio, riesce a mettere insieme un cast di discreto richiamo commerciale, che può potenzialmente coprire diverse fasce di pubblico americano interessato a rivangare ruggini e dissapori tipici della middle-class di qualsiasi paese industrializzato, ma che avrebbe comunque un suo appeal anche dalle nostre parti. Un po’ uno sguardo al proprio ombelico e alle proprie insufficienze antropologiche congenite, con intellettuali che pretendono troppo dai propri figli, fino a trasformarsi in orchi tirannici (la figura forse un po’ sbilanciata del padre, interpretata da Willem Dafoe) e madri angeliche e protettive che non possono però fare a meno di cercare una felicità alternativa nell’adulterio.

È vero che questi coacervi di dolori casalinghi inespressi e pronti ad eruttare alla prima occasione collettiva trovano un armamentario particolarmente favorevole nei luoghi intimi della famigliola a stelle e strisce (basti pensare ai ricevimenti funebri o alle tavolate del Thanksgiving), è vero che lo stato avanzato di sviluppo (e di disgregazione) della società statunitense si offre in modo perfetto all’esposizione metaforica di contrasti generazionali (basti pensare ad American Beauty): è forse proprio questo però il problema di Fireflies in the Garden, che rischia se non di affogare, almeno di boccheggiare in situazioni già viste e riviste. Non ci va di parlare di clichè (spira comunque una certa aria di autenticità, non foss’altro per la base autobiografica della vicenda), ma piuttosto di un “nulla di nuovo sull’inespresso americano medio”. Oltre a ciò la metafora, il livello sublimante che potrebbe portare a considerazioni più generali, non spicca davvero mai il volo con decisione, e si rimane ancorati allo strato basilare della vicenda, quello che snocciola (per carità, non senza un certo virtuosismo narrativo di flashback e parallelismi esistenziali) i piccoli e grandi casi personali di una famiglia Taylor qualunque.

Una Julia Roberts piuttosto equilibrata fa coppia con il padre-orco di Dafoe già summenzionato, a testimoniare una fiducia (in fondo non mal riposta) dei produttori nel progetto del giovane regista, mentre volti (e corpi) come quelli di Carrie Ann Moss, ancora indimenticata Trinity, e della Hayden Panettiere del serial Heroes dovrebbero assicurare un certo appeal visivo nei momenti in cui la tensione si affloscia e la storia langue. A parte certe incongruenze psicologiche mal risolte, insomma un film che si lascia guardare, non ricatta eccessivamente i deboli di cuore e ci fa rivalutare in fondo la nostra buona vecchia cara famiglia all’italiana.



Fonte:
Non solo cinema
 
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2 replies since 8/2/2008, 11:32   118 views
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